L’Ordinamento del cielo e della terra
Esposizione di Richard Lang
LA MIA IDENTITÀ COME UMANITÀ
Espandersi oltre la propria pelle
La mia osservatrice, studiando la mia vita umana, nota che non finisco al confine della mia pelle. Il mio corpo si sta sempre ingrandendo e rimpicciolendo. Mi estendo sino ai vestiti che indosso e fino alle posate con le quali mangio, alla sedia sulla quale mi siedo e alla casa in cui abito, poi mi stacco da queste cose quando non mi servono più. A differenza dell’albatros, posso togliere le ali quando atterro. Faccio crescere le ruote e poi me le levo. Faccio crescere un dito metallico per scalpellare il legno, ma diversamente dal picchio non ci rimango attaccato per il resto della mia vita. Ho bisogno di tutti questi accessori per essere pienamente umano. Senza queste estensioni, che si possono montare sul e smontare dal mio corpo, sarei ridotto a essere un primitivo, un animale.
La mia stessa vista conferma questa flessibilità. Guardando verso l’esterno dal mio centro, sono Capacità per il mio corpo senza testa. Prendendo in mano una chiave inglese, divento Capacità sia per la mano che per l’utensile che la mia mano sta impugnando; la sensibilità non è localizzata nella mia mano, ma si estende anche a tutta la chiave.
Più divento abile con gli utensili, più li incorporo, in modo che la mia consapevolezza si estenda a loro senza che ci debba pensare: io sto tagliando il pane e non sto tenendo il coltello che sta tagliando il pane; io sto spazzando il pavimento e non sto tenendo la scopa che sta spazzando il pavimento. Sono io che guido, scavo, scrivo, dipingo, navigo in internet… Il mio senso del sé si espande all’estensione del corpo che utilizzo e si contrae quando quell’estensione particolare non mi serve più. È solo perché sono Capacità al centro che posso essere così flessibile. Se al centro fossi davvero quello che sembro essere da una di, diciamo, due metri, non riuscirei a sbarazzarmi del corpo che vedo allo specchio.
Il mio senso del sé si espande anche ai sistemi che condivido con gli altri. A casa con gli altri membri della mia famiglia, condivido un singolo stomaco preliminare (il forno), un singolo colon esterno (la fognatura), un sistema unico di estensione delle orecchie e delle corde vocali estese (il telefono), un singolo contenitore (l’edificio). Essendo Capacità per la mia casa (comprese le altre persone che ci abitano e che sono pure loro Capacità per essa), la considero come il mio corpo esteso. Visto da fuori, dai vicini per esempio, sono un nucleo famigliare. Al lavoro, visto con gli occhi delle altre aziende che mi stanno attorno, posso essere un ufficio, una miniera, un ospedale, una multinazionale petrolifera, un esercito, un governo, un negozio: dipende da cosa faccio. Come individuo, adopero i miei arti lavorativi dal mio centro unico, di fianco ad altre persone che adoperano gli stessi arti dal loro centro unico. Poi, alla fine della giornata, quando ho finito di utilizzarli, li ripongo.
Il corpo dell’umanità
L’intero corpo umano dentro il quale mi estendo, include tutti gli esseri umani e l’intera rete di servizi e strumenti che li unisce. E questa creatura onnicomprensiva il cui corpo è la mia estensione fisica che l’osservatrice vede dal cielo. A migliaia di chilometri di distanza, sono una rete sottile o una liana, i cui i fili si diramano su maggior parte della superficie terrestre del pianeta.
Londra
Sono più attivo di giorno, ma più incandescente di notte.
Il mio nome è Umanità.
L’autocoscienza umana
Mi riconosco come umano quando sono in presenza di (e sono Capacità per) di altre specie. Diciamo che sto lavorando in giardino. Un pettirosso mi sta guardando mentre zappo la terra. Esso non mi conosce né come Richard, né come londinese, né come inglese, ma come
essere umano. Ovviamente, non ha questi pensieri (non è umano), ma, attraverso i suoi occhi,
io mi vedo come
umano. Se una vicina venisse a trovarmi, sarebbe, nella mente del pettirosso, un altro
essere umano che appare, diciamo diverso da una volpe, che naturalmente non è umana. Attraverso gli occhi degli animali io divento autocosciente del mio essere umano.
(Recentemente io, come Umanità, mi sono esteso a spese delle altre specie. Esse hanno dovuto adattarsi alla mia rapida espansione e allo sviluppo dei miei numerosi nuovi organi, alcuni dei quali sono rumorosi e viaggiano velocemente sulla superficie della terra, altri che volano nell’aria…)
Il corpo e la mente
Il mio corpo individuale è un arto o un organo del mio corpo più grande, quello dell’Umanità dai molteplici arti. Quando mi identifico con questa specie animale simile all’idra, divento responsabile delle azioni di tutti gli esseri umani, ovunque (e sempre), poiché tutti gli esseri umani sono arti del mio corpo. Non solo l’intero corpo dell’Umanità è mio, ma anche l’intera sua
mente, ossia la somma di tutti gli sguardi verso l’esterno, di ogni persona in ogni tempo e luogo. Gli psicologi confermano questo livello della mia identità quando trovano evidenza, sotto la superficie della mente di un individuo, non solo dell’inconscio individuale ma anche dell’inconscio collettivo. Come possiamo vedere, questo livello collettivo della mente, si abbina a un corpo corrispondente.
Ingrandirsi e rimpicciolirsi
Mi espando in continuazione passando da questa mia identità umana, a quella corrispondente alla mia famiglia, alla mia città, alla mia nazione e alla mia specie, e mi contraggo in continuazione dal mio corpo umano al mio corpo individuale. Il corpo particolare che assumo dipende da chi mi sta intorno. In compagnia degli amici sono una persona con un nome (loro mi rimandano la mia identità personale) mentre in compagnia di stranieri, sono inglese e in compagnia per dire di cani e gatti, sono umano. È solo quando abbraccio tutti i miei vicini umani che posso affermare di essere completamente umano. Se ne escludo anche uno,non sono completamente me stesso..
La mia identità individuale e la mia identità come Umanità tutta sono inseparabili. Sono due facce della stessa medaglia. Un individuo da solo, senza il resto dell’umanità, non è vitale, almeno come essere umano. In molteplici modi, la mia identità umana individuale è legata e dipendente dal resto dell’umanità. Il linguaggio, per esempio, è senza significato se non ci sono altre persone con cui comunicare. Per non parlare del fatto basilare che trovo la mia identità negli altri esattamente come essi trovano la loro identità in me. Senza gli altri, non sono più umano.
Le tre fasi della vita dell’Umanità
Esattamente come ci sono potenzialmente tre fasi principali del mio sviluppo come individuo (bambino, adulto e Colui che vede), ci sono potenzialmente tre fasi principali del mio sviluppo come specie. All’inizio della mia vita come Umanità non mi guardavo da fuori per vedermi come una specie diversa dalle altre, distinto dall’ambiente. Inconsapevole della mia apparenza m’identificavo con il mio sguardo verso l’esterno, cioè con gli animali e con le piante, le rocce e i fiumi, il sole e le stelle. Non cosciente del sé, non mi sentivo ancora separato dal mondo intorno. Nella seconda fase riuscii a vedermi a distanza, indentificandomi ora come una specie diversa dalle altre e distinto dall’ambiente. Questo sguardo autocosciente diede origine alla cultura umana. Finalmente potevo dire: “Non sono un animale, sono umano.” È questo, in linea di massima, il modo in cui l’Umanità s’identifica attualmente. Tuttavia durante gli ultimi due millenni, un numero piccolo ma crescente di persone (i grandi mistici) è diventato consapevole che la nostra identità umana non corrisponde per niente a ciò che siamo. Essi hanno scoperto che ogni persona, in realtà, non è ciò che appare ma è spazio consapevole, ossia Capacità: Capacità per le altre persone, Capacità per le altre specie, Capacità per l’intero universo vivente. E che questa Capacità eterna e infinita che ogni persona può trovare dentro di sé è l’Uno, ed è la stessa in tutti gli esseri, sempre e dappertutto. Qui in questa presenza indivisibile (o in quest’assenza!) io sono un tutt’uno con il mio vicino, un tutt’uno con il pettirosso, un tutt’uno con le rocce e i fiumi, la luna e le stelle. Questa scoperta cambia profondamente il modo in cui io mi rapporto con gli “altri,” perché ora scopro che gli altri sono me. Speriamo che i mistici, così rari in passato, siano i precursori di uno sviluppo evolutivo dell’intera Umanità, segni che la specie sta raggiungendo la terza fase in cui diverrà normale essere consapevoli di Chi siamo davvero. La nostra sopravvivenza come specie separata dagli altri esseri potrebbe dipendere benissimo dal nostro risveglio rispetto alla nostra Vera Identità, perché la nostra illusione di essere semplicemente ciò che appariamo, e pertanto separati da tutti gli altri esseri viventi e dal cosmo, così produttiva in passato, in termini di emergenza e sviluppo della cultura umana, ora sta minacciando di distruggere la nostra specie e gran parte di ciò che è Vita.
Il Tathāgata (Colui che è liberato) divide il suo corpo in innumerevoli corpi, altresì riunisce un numero infinito di corpi in un solo corpo. Ora diviene città, paesi, case. Ora ha un grande corpo, ora uno piccolo.
Sutra Mahaparinirvana
Posso solo rivendicare questa mano affermando che quando è ferita, sono ferito io, che ciò che tocca, lo tocco io, che tutti i suoi atti sono miei; e posso solo rivendicare l’Umanità affermando che sono responsabile del mio vicino, dovunque abiti e qualunque cosa faccia. Poiché finché io non sono lui, non sono me stesso. Per conoscere me stesso, devo studiare lui, e per essere in pace con me stesso, devo amare lui: tutto il mio odio è odio di sé.
L’Ordinamento del cielo e della terra, Douglas Harding
Vai a:
La mia identità come la Vita
Torna su